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Il fenomeno del bullismo è purtroppo in costante crescita. Basti pensare che negli ultimi tre anni, in termini di percentuale, questo fenomeno è raddoppiato: se nel 2012 chi chiedeva aiuto per atti di bullismo rappresentava solamente l’8,4% del totale, nel 2013 la percentuale è salita al 13,1% e nel 2014 al 16,5%. Secondo i dati rilevati da Telefono Azzurro sono state le consulenze di ragazzi che si sono dichiarati vittime di bullismo; a questi si aggiunge un’indagine condotta da Doxa Kids su 1500 giovani fra gli 11 e i 19 anni su tutto il territorio italiano: il 35% degli intervistati ha rivelato di essere stato vittima di atti di violenza da parte di altri ragazzi.

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Ma cos’è il bullismo? E come si aiuta la vittima?
Con il termine bullismo definiamo una condizione che reca sofferenza, svalutazione ed emarginazione vissuta da un bambino o da un’adolescente ad opera di terzi. Si tratta di una forma di prepotenza ricorrente e continuativa, in cui la vittima prova sentimenti dolorosi e angoscianti perché perseguitata da parte di uno o più compagni. Oltre a vivere un drammatico senso di impotenza, poiché non sa come potersi difendere, il ragazzo subisce emarginazione da parte del gruppo dei coetanei.
Per capire il bullismo, è necessario capire davvero cos’è, e cogliere la portata dei suoi effetti in chi lo subisce. La vittima di bullismo subisce i soprusi e le prepotenze, riportando spesso delle ferite psicologiche profonde. A causa del continuo stato d’allarme in cui è costretta a vivere, nel tempo finisce per sentirsi perennemente esposta al pericolo ed isolata dal gruppo, perde fiducia in sé stessa e non trova il coraggio di denunciare l’accaduto per paura o per vergogna. Può lamentare sintomi fisici quali mal di testa o mal di stomaco o soffrire di importanti sintomatologie reattive di ordine psicologico come attacchi di panico, ansia o, nei casi più gravi, depressione; in alcuni casi si verifica anche l’abbandono del contesto scolastico.
Ci sono due tipi di bullismo:
Bullismo diretto, quando gli attacchi nei confronti della vittima sono aperti e ben visibili. Può trattarsi di attacchi verbali come nel caso della presa in giro, minacce e umiliazioni, o fisici, come spintoni, calci e pugni, oppure prevaricazioni, ad esempio, sugli oggetti personali della vittima, che vengono estorti o danneggiati.
Bullismo indiretto, quando gli attacchi sono coperti, come nel caso delle maldicenze e delle calunnie. L’obiettivo finale, comunque, è quello di isolare ed escludere.

In questo gioco di potere sono coinvolti due attori principali e più attori secondari:
Il bullo è protagonista attivo di aggressioni e prevaricazioni che cerca di dominare i più deboli con la violenza e la prepotenza: maltrattando i compagni fisicamente e verbalmente tende a porli in uno stato di soggezione e subalternità permanente.
I bulli gregari cioè ragazzi che ricercano un proprio ruolo e tentano di affermare la propria identità attraverso l’”amicizia” con il più “forte”. Rispetto al loro leader, generalmente, risultano essere più ansiosi, insicuri e meno popolari .
Il ragazzo vittima di bullismo potrebbe, per esempio, essere riluttante ad andare a scuola (anche adducendo mal di stomaco, mal di testa etc.), avere frequenti sbalzi d’umore (per esempio una ragazza potrebbe essere molto tesa, lamentosa e triste dopo la scuola), dormire male e/o fare brutti sogni, tornare a casa con i vestiti stracciati o sgualciti o con i propri oggetti personali rovinati, non portare mai a casa compagni di classe e non frequentarli mai oltre l’orario scolastico, diminuire il rendimento scolastico. Nei casi più gravi la vittima potrebbe arrivare a nascondere lividi, ferite, tagli o graffi che comunque non saprebbe spiegare, o, addirittura, rubare denaro ai familiari. Il bullo, invece, potrebbe riproporre il proprio stile relazionale aggressivo anche in altri contesti, ad esempio, prendendo in giro qualcuno in maniera ripetuta o pesante, danneggiando oggetti, rimproverando, intimidendo, minacciando o picchiando persone.

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Tutti gli adulti di riferimento possono fare qualcosa per prevenire e contrastare il bullismo.
Il pedagogista deve lavorare sul riconoscimento delle emozioni poiché sia nelle vittime che nei prevaricatori sembra esserci una difficoltà in questo senso. Per le vittime, infatti, è difficile riconoscere gli specifici segnali emotivi relativi alla rabbia: da un lato tali difficoltà potrebbero impedire al bambino o all’adolescente di riconoscere l’altro come potenziale aggressore e quindi di difendersi e dall’altro non leggere tale emozione nell’altra persona potrebbe favorire l’utilizzo di modalità relazionali che finiscono con il provocare ulteriormente in modo involontario.
Per i bulli, invece, si riscontra una generale immaturità nel riconoscimento delle emozioni, soprattutto per quanto riguarda l’empatia.
Per aiutare il ragazzo vittima di prevaricazioni si fanno elaborare i propri vissuti raccontando con chiarezza, fermezza e senza timore le situazioni di cui è stato protagonista recuperando il controllo della situazione, imparando a proteggersi da solo e riacquistando la fiducia in sé stesso. I risultati di questo lavoro si ripercuoteranno positivamente anche sull’autostima traendo dalle esperienze negative nuova forza e risorse personali.

Corradina Triberio

Bibliografia:

Pina Filippello. Valutazione e trattamento dei disturbi del comportamento Ed. Piccin. 2008.
http://www.crimeblog.it/post/147524/bullismo-in-italia-un-ragazzo-su-tre-ne-e-vittima (consultato il 19 aprile 2015)

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